LA CAMPAGNA E LE VALLI DA PESCA

Il percorso ha come punto di partenza il Centro di Educazione Ambientale “La Piave Vecchia” di Castaldia. Intrapreso l’ultimo tratto dell’Alzaia della Piave Vecchia e dopo aver superato la rotabile si arriva al Ponte a Bilanciere di Caposile dove la Piave Vecchia incontra il Taglio del Sile. Il Ponte a bilanciere di Caposile, edificato nel 1925 e restaurato recentemente, appartiene ai ponti di tipo levatoio che consentivano la navigazione fluviale alle imbarcazioni dotate di alberature e di vele. La sua tipica struttura, oggi simbolo e icona di Caposile, è simile al ponte a contrappesi costruito a Langlois in Francia, e reso celebre da un famoso dipinto di Van Gogh. Si prosegue quindi verso il ponte di barche e una volta superato, si gira a destra e poi, all’altezza di un Pino domestico, a sinistra. Sul posto, un pannello didattico di colore blu indica le piste ciclabili del territorio. Intrapresa la pista ciclo pedonabile verso Jesolo Paese, inizialmente sulla destra ci accoglie un boschetto di diverse specie arboree tipiche della pianura veneta, dalla Quercia Farnia all’Olmo, dal Salice bianco al Pioppo nero. L’escursione si sviluppa nella Campagna dei Salsi, in un tratto del territorio tra Caposile e Jesolo Paese compreso tra la sponda destra del Sile – Piave Vecchia e l’ampio argine vallivo della Val Dogà, detto argine di San Marco. Si tratta di un paesaggio agrofluviale di gronda lagunare che risente degli influssi della salsedine. A sinistra la vista si apre verso la campagna, fatta di piccoli appezzamenti a colture diverse. A destra invece l’argine vallivo, parallelo alla Val Dogà, è ricoperto da una siepe difensiva generalmente costituita da intricati arbusti spinosi di Rovo turchino, Rosa selvatica, Prugnolo spinoso, Ligustrello e da barriere frangivento a Tamerice. Proseguendo il nostro percorso dopo poche centinaia di metri, si trova sulla destra una Altana che ha la funzione di osservatorio faunistico e birdwatching. Ci consente di apprezzare anche i grandi spazi lagunari e l’antistante specchio d’acqua della Val Dogà, chiamato lago Grando. Ripreso il cammino, subito dopo, si apre un altro paesaggio vallivo, si tratta del grande specchio d’acqua salmastra detto dei Brusai. Queste aree della laguna, come le valli e le aree di gronda, così lontane dalle bocche di porto vengono chiamate “laguna morta” in quanto risentono meno dell’azione vivificante delle maree. Questi specchi d’acqua, dove la profondità è molto bassa, tanto da non superare i 30-45 cm, sparsi di esili e rare barene, sono nei mesi primaverili ed autunnali meta di molte specie animali attirati dall’abbondante fonte alimentare di cui sono ricchi i fondali melmosi. In questa parte della Val Dogà, un isolotto a forma di mezzaluna ricoperto da una fascia boscata, a Robinia e a Salici bianchi, spogliati e rinsecchiti dalla salsedine, ospita una folta colonia di aironi che movimentano il paesaggio lagunare con i loro voli nella costante ricerca di cibo. Nel periodo autunnale e invernale arrivano numerosi branchi di anatidi svernanti come le Morette riconoscibili per il piumaggio completamente nero e fascia laterale bianca, le Alzavole dalla fascia perioculare di colore verde, i Codoni riconoscibili per la coda aguzza che qui trovano riparo e cibo. Costante è la presenza del Germano reale nella stagione riproduttiva che risulta invece molto più consistente nel periodo invernale con grandi branchi. Anche il Cigno reale trova qui in questi specchi d’acqua un habitat importante per riposare e per alimentarsi. Arrivati a due terzi del sentiero, si intravede davanti a noi l’argine della vicina Val Grassabò estesa per 860 ettari e terza in ordine di grandezza di tutta la laguna Veneta. Abbandonato l’argine della Val Dogà, il sentiero ci conduce lungo le anse del fiume dove l’acqua scorre lenta e tranquilla. La siepe fluviale ben strutturata nella componente arborea, accompagna il percorso che di tanto in tanto si apre allo sguardo verso il fiume fino ad arrivare ad una stretta ansa in cui confluisce il canale Caligo, un’antica via d’acqua che dal Piave portava in laguna verso Lio Maggiore. Oggi il Canale Caligo, avendo perso la sua funzione è poco più di un fossato che, come in passato, rimane ancora una linea di confine, non più con il Dogado, ma tra il comune di Musile e quello di Jesolo. La presenza di un cippo, il 53° per la precisione, oltre ad essere un’indicazione di confine, ci dice essere uno dei cento cippi che nel 1791 furono posizionati lungo il margine di conterminazione lagunare. La conterminazione lagunare indica appunto i confini della laguna, così come erano stati stabiliti in quei tempi dalla Serenissima Repubblica di Venezia, ed era contrassegnata da una serie di cippi in pietra d’Istria. La Serenissima Repubblica di Venezia stabiliva gravissime pene per chi edificava all’interno della laguna o sottraeva spazio alle acque, cioè avesse violato la conterminazione. La nostra escursione termina davanti ai resti della “Torre Calìgo”. Di struttura alto medievale e costruita intorno all’anno 930, è quello che rimane dello storico presidio eretto dai Veneziani a guardia della confluenza dell’omonimo canale nel Sile – Piave Vecchia, dove veniva fatto pagare, su decreto del senato veneziano del 1632, il pedaggio a chi voleva entrare in laguna. Lungo il canale Caligo venivano fatte transitare le zattere cariche di tronchi che provenivano da Perarolo di Cadore e da qui arrivavano all’Arsenale di Venezia, materia prima per la costruzione delle navi della Repubblica Serenissima.